Descrizione
Alcuni studiosi, tra cui il Lupis, confermano il rinvenimento di oggetti preistorici dell’età della pietra e successivi.
L’etimologia di Mammola non è certa. Alcuni studiosi fanno risalire il nome del paese a quello di un antico pastore del luogo, detto appunto “Mammolo”, altri, invece, lo riconducono a quello della viola che qui cresce rigogliosa, altri ancora lo collegano alla, molto dubbia, presenza di un tempio della dea fortuna mammola.
La tesi più accreditata fa risalire l’etimologia al latino “Mamula”, ma resta anche valida l’ipotesi che il nome sia collegato a “Mamoula”, città greca dell’isola di Eubea. Tesi, quest’ultima, sostenuta anche dal Barrio.
Con l’arrivo dei coloni dalla Grecia nel territorio della locride, molti locresi si spinsero fin su questa collina attirati dalla fertilità del terreno e dalla buona posizione del territorio, fondando una subcolonia di Locri, denominata Malea o Melea.
Questa subcolonia viene ricordata anche dallo storico Tucidide, che ne parla in occasione della battaglia sul Sagra tra crotoniati e locresi.
Di questo periodo ci rimangono, a testimonianza, le necropoli magnogreche site in contrada santa Barbara e in contrada Buccafurri, entrambe fatte risalire al IV – V Sec. a C. e quella greco-romana di Monte Scifo.
Sulle rovine di Malea o Melea, venne ricostruito un piccolo villaggio che attorno al IX-X sec. d. C., in seguito alle terribili incursioni saracene sui paesi rivieraschi, si ripopolò sviluppandosi rapidamente con l’apporto delle popolazioni che dalla costa si spinse nei territori interni e sulle montagne ritenuti più sicuri e salubri.
Tra l’VIII e il IX sec. d. C., in seguito alla lotta all’iconoclastia ed alla conseguente persecuzione voluta dall’imperatore bizantino Leone III l’Isaurico, molti monaci mediorientali, per non arrendersi alle imposizioni, preferirono fuggire trovando rifugio, anche, presso questo piccolo centro.
Grazie al contributo di questi monaci e alla loro esperienza, Mammola divenne un centro fiorente dalle molteplici attività che si mantennero, quasi, inalterate sino all’inizio del secolo scorso.
Le più importanti riguardavano:
– la produzione e la lavorazione della seta, nei secoli scorsi numerosi velieri si approvvigionavano della enorme produzione di seta facendo la spola alla foce del suo fiume, il Torbido, allora per un lungo tratto navigabile;
– lo sviluppo delle piantagioni di agrumeto e uliveto, l’incremento dell’artigianato, la costruzione dei primi mulini ad acqua utilizzando con risoluzioni tecniche avanzate;
– lo studio delle lettere e delle scienze, la ricopiatura e la miniatura di testi classici;
– l’istituzione delle prime scuole per il popolo.
A testimonianza della loro secolare presenza restano ancora l’Abbazia di San Biagio e la Grancia di Santa Barbara (Sec.XI).
Quest’ultima, oggi, sede del Museo di Arte Moderna fondato dal pittore Nik Spatari, è divenuta sede di iniziative culturali di grande pregio e punto d’incontro di famosi artisti provenienti da ogni parte del mondo.
Particolare menzione merita il Santuario di San Nicodemo, patrono della cittadina, vissuto nel Sec.X a. C., fondatore dell’omonimo Monastero sul monte Kellerano (Cellerano).
Nel corso dei tanti secoli i mammolesi, così come gli “abitanti dei paesi e vecchi villaggi interni posti sulle alture, talvolta aggrappati su picchi strapiombanti, si rinserrarono, come in rocche, per sfuggire alla malaria e alle incursioni piratesche”, conducendo “una vita dura, fatta di stenti e segnata da pregiudizi”.
Per secoli questa “gente è rimasta impacciata, timida e rinchiusa nelle loro ristrette abitudini rimanendo isolati custodi delle proprie tradizioni”.
Nel secolo scorso i grossi centri della costa, sfruttando le nuove vie di comunicazione, si sono aperti ai traffici commerciali e alle correnti innovatrici.
La neonata industria consumistica ha approfittato di questa nuova situazione introducendo nella vita quotidiana dei cittadini quegli agi e le comodità della vita moderna a discapito di tutte quelle forme di vita tradizionali che l’uomo aveva condotto nel corso dei secoli per sopravvivere.
Ed ecco, adesso, la rivincita dei borghi antichi caratteristici, con le loro viuzze i loro palazzi e le loro chiesette che, come Mammola, sfoderando l’essenza del loro passato mai sopito, si impongono prepotentemente con le loro tradizioni, il forte senso della natura, i loro inconfondibili “sapori di antico stampo”, le loro sagre e le loro feste.
Anche la Cucina Mammolese, fatta di pietanze antiche e genuine, ha fatto passi da gigante. Fiore all’occhiello “di tutte le pietanze prelibate che l’arte culinaria locale può offrire” è lo “stocco”, una vera leccornia, cucinato in sessanta piatti diversi.
Questa pietanza trova il suo culmine nella “Sagra dello stocco” che si svolge il 9 agosto di ogni anno, tra balli, canti alla ricottara e musiche di antichi strumenti paesani.